“FIGLI DI NESSUNO” MA IN FONDO SIAMO TUTTI FIGLI DEL MORO…
Questo è un album poderoso! Avete presente quando arrivate al momento più difficile e togliete fuori quella rabbia e quella determinazione che neanche voi sapevate di avere in corpo? Ecco, con questo disco Moro sfodera l’artiglieria pesante, quella con la quale combatte il mondo circostante che non accetta, nonostante le sue 44 primavere e una carriera nella sua fase più importante e che potrebbe perciò portarlo ad una pericolosa comodità e perdita di ispirazione.
Invece, il nostro Moro non cede il passo e si presenta sulla scena musicale italiana con un lavoro di livello, uno di quelli creati per rimanere negli annali.
Gli episodi più riusciti? “I figli di nessuno”: non è un singolo, ma schiaffi in faccia per svegliarti, sfoghi irruenti nella notte più difficile da affrontare. Un inno per i disadattati, quelli non a loro agio fra le ipocrisie di questo universo. Alziamoci in piedi!!!
E poi “Per me”, finalmente un Fabrizio scevro dall’elettronica, un ritorno alla semplicità con strumenti che viaggiano attraverso un testo che è una sorta di autobiografia in musica. E quell’assolo finale di sax che vale da solo il prezzo del disco. Una delle canzoni più intense di sempre. Io la amo particolarmente.
“Me’nnamoravo de te”, è invece il racconto della nostra Italia dal Dopo Guerra ad oggi. Un racconto fatto con una grande esplosione sull’iniciso che è una dichiarazione d’amore a questa nazione fra pochi alti e tanti bassi. Non si risparmia Fabrizio, ma infilza il coltello in una piaga lunga 60 anni di Repubblica.
E cosa dire di “Filo d’Erba”: l’immaginazione oltre ogni confine, una dedica particolare a Libero, proiettando le paure di un padre oltre il tempo. La malinconia che passa attraverso un’assenza obbligata, la voglia di non lasciar mai da soli i propri diamanti esistenziali. Qui il Moro tocca le corde dell’intimità più celata.
Ci sono anche i rockettoni, a volte pervasi da troppa elettronica e che sembrano curati pochi in alcune scelte sugli arrangiamenti, come in “Quasi” o in “Arresto cardiaco”, mentre i mid-tempo come “Non mi sta bene niente”, sono fotografie agro-dolci dell’esistenza del nostro poeta che, in questo lavoro, sembra fare i conti con il suo passato.
Ci sono anche tormentoni estivi come “#A”, pronta a far esplodere i moropatici nei live ma che non convince del tutto, e infine dediche romantiche come “Quando ti stringo forte” dove il pianoforte trionfa, i brividi arrivano senza preavvisi come le parole di Fabrizio… esse sempre puntuali e coerenti.
E “Come te”, vera e propria lettera dedicata all’amore: una ballata dolce e nostalgica.
Il tutto senza dimenticare “Ho bisogno di credere”, vero punto d’inizio per scavare dentro noi stessi, per fare i conti con la bestia che tutti abbiamo dentro e che a volte ci tiene legati in spazi-tempi troppo angusti. Canzoni del genere aiutano a crescere.
Magari sì, è un album nato forse troppo velocemente, soprattutto, come già detto, se si nota la scelta di alcuni arrangiamenti che ci riportano ad altri brani passati di Fabrizio; ma questo è un disco terribilmente forte in alcuni singoli che hanno la qualità per rimanere nella storia, ripeto nella storia!!!
Fabrizio c’è, e non fa sconti sui testi, ancora una volta la parte più interessante delle sue canzoni.
Vuoi o non vuoi, questo è Fabrizio, e noi lo amiamo senza condizioni: il nostro poeta di San Basilio resta sempre diretto, d’assalto quando deve esserlo e soprattutto schietto… già, un uomo vero… in mezzo a sempre più teatranti musicali.
IlFolle