-Di Serena Scigliano-
Chi si è perso ultimamente il film-biografico di Luca Facchini dal titolo “Fabrizio De André-Il Principe Libero”, deve assolutamente vederlo!
Uscito nei cinema e successivamente in serie-tv sulla Rai, vede l’attore Luca Marinelli indossare i panni del protagonista, per omaggiare la storia di colui che fu considerato Il primo Poeta anarchico italiano: Fabrizio De Andrè (1940-1999) conosciuto al tempo anche come Faber.
Marinelli stesso ha affermato in varie occasioni che vestire quel ruolo era davvero difficile se non impensabile, preferendo cosí lavorare sulla creazione di un altro De Andrè, piuttosto che rischiare di cadere nel ridicolo, partendo dall’idea e dalla stima che egli stesso nutriva per l’artista.
Un De Andrè parallelo e a mio dire azzeccato anche lí dove il rischio di scivoloni era alto. E parlo di quelle scene cantate, dove la sua voce pareva in playback, ma non lo era affatto.
Eppure un motivo ci sarà se questo artista lo sentiamo così un pò tutti nelle ossa.
Dopo la sua morte oltre che ad un gran vuoto, ci ha lasciato in eredità un’importante patrimonio musicale.
De André, che con una forte carica trasgressiva e cinica, mista ad un’amara dolcezza e ironia, raccontava la vita più vera: non quella perfetta bensì quella di strada, più sporca e sregolata, pulsionale e drammatica, il tutto per provocare lanciando un forte messaggio ideologico.
Non era semplice musica da ascoltare lui dava voce alla vita. Già, alla vita, dedicando le sue canzoni a chi non ce l’ha fatta, a chi era rimasto solo, emarginato.
E se è vero che le parole siano un’arma, grazie alla sua meticolosa cura nella scelta delle stesse, i suoi testi potevano aprire le menti e raccontare quel mondo problematico che l’Italia vergognosamente preferiva ignorare.
Eppure a De André non lo si poteva ignorare tanto meno censurare.
Era una bomba atomica vagante lasciata a piede libero senza poterla disinnescare. Questo perché ormai di qualsiasi tema trattasse era diventato, più che personaggio, un simbolo per molti giovani. Gli stessi giovani derelitti, tormentati e inquieti di cui parlava Pier Vittorio Tondelli in “Altri Libertini”: dove in primis vivevano le canzoni del De Andrè.
Eppure, nonostante queste idee utopiche dai toni irriverenti, era una persona molto attenta e cordiale con il prossimo. Discreto e riservato, ben lontano dai riflettori, infatti, spesso amava ritirarsi dalle scene e intrattenere gratuitamente i suoi amici.
Meno cose comunque si sapevano della sua persona, più appariva affascinante e irragiungibile, ed è proprio grazie a questo suo porsi così sfuggente e indecifrabile che, nel bene o nel male, restava provocatorio, controcorrente, unico ed inimitabile.
Ed è su quest’ultima parola che voglio soffermarmi su un fenomeno che sta prendendo piega sul web…
(CONTINUA NEL PROSSIMO ARTICOLO)