Ogni volta che un disco di Bruce viene pubblicato, la sfida non è più con gli altri ma con se stesso.
E come può essere diversamente per uno che ha visto più di 45 anni di carriera passare sotto i piedi e sopra le corde della sua chitarra.
Western Stars -ultima creatura del Boss – non è un lavoro perfetto, ok, ma è un disco di rara bellezza. Lo è per una serie di motivi: intanto vede un ritorno intimo di Springsteen. Questa volta, le chitarre elettriche vengono messe da parte per una svolta intimistica ma non in chiave acustica ma prettamente orchestrale.
Ed è lì la grandezza di Bruce: spiazzare l’ascoltatore, anche il suo seguace più fedele. Essere FANatici verso un proprio beniamino presuppone la certezza di essere preparati a tutto ma Bruce va oltre ridisegnando la sua storia.
La sua grandezza è proprio nel suo cambiamento di rotta pur non tralasciando o snaturando la sua essenza di rocker, ormai con quel sapore leggendario di vissuto.
I testi sono ispirati, quasi come se fossero sceneggiature di un mondo di perdenti, emarginati… i vinti.
Questo è un disco di rara bellezza – e sarebbe bello continuare a scriverlo mille volte – a tratti conteso fra mid-tempo e ballate eleganti, a tratti in equilibrio fra qualche hit e grandi capolavori come l’omonima Western Stars.
Il disco è primo in tutto il mondo, ma non c’erano dubbi, perché i FANanatici comprano a scatola chiusa a prescindere, ma questa volta già dalla confezione si era capita la “strana” direzione di Springsteen.
Mentre gli altri strizzano l’occhio al mainstream, lui rimane fedele ai suoi valori creando secondo i suoi dettami musicali; e poco importa se un disco del genere negli stadi suonerà poco, qui siamo al di là del semplice gioco album-live, c’è qualcosa di più aulico o semplicemente più articolato.
E poi è inutile continuare a nascondersi, perchè Western Stars è un disco…. sì, so bene che avete già capito.
Viva il Boss.
Più vivo che mai!!!
IlFolle