Un album importante che…
“NON ABBIAMO ARMI”: QUANDO UN ALBUM TI PORTA ALTROVE.
È uscito oggi uno degli album più attesi della musica Italiana. “Non abbiamo armi”, di Ermal Meta, infatti, non è solo uno dei lavori discografici migliori del panorama musicale moderno, ma è anche un album molto variegato che mescola ballate struggenti a brani pop elettronici accompagnati da testi di spessore.
E si parte con la canzone del Festival: “Non mi avete fatto niente”. Cosa aggiungere di più ad un brano che ci ha steso tutti per la potenza del messaggio e la sua altalena musicale che ha il suo punto di forza… in un inciso trascinante. Brani che restano nel tempo, perle per le generazioni passate e soprattutto per quelle future.
Il secondo brano: “Dall’alba al tramonto”, è forse uno dei pezzi più deboli. Un brano riempitivo per un mid tempo che non decolla ma rimane in stand by. Manca una vera esplosione; nonostante questo è una canzone molto radiofonica, forse troppo.
“9 Primavere”, parte lenta, accarezzando l’anima con strofe che spaziano dal rapporto prettamente romantico ad uno sguardo sulla vita in generale. Il brano non è il massimo, sembra quasi che questo lavoro parti in sordina, con il freno a mano tirato e infatti…
Arriva la tracklist: “Non abbiamo armi”. Un pezzo da 90, un inno alla vita, agli attimi che perdiamo, che viviamo, alle sensazioni che compongono il nostro essere. Una cavalcata che racchiude tutta l’essenza di Ermal. Non c’è un inciso vero e proprio e questo è un bene perchè le strofe sono così potenti che non hanno bisogno di un cambiamento melodico. Che canzone!!
“Io mi innamoro ancora”, è un altro mid tempo che poggia su un ritmo che cresce di giri durante il ritornello, esso potrebbe sembrare banale ma cela dietro messaggi importanti. È una colonna sonora dedicata alla vita, alle anime irrequiete, quelle più sensibili; vivere nonostante tutto. Sarà un successo estivo radiofonico.
E poi arriva il capolavoro: “Le luci di Roma”. La canzone perfetta, la ballata della malinconia, un testo da brividi, con continue metafore che ci portano altrove. Ermal alza l’asticella della qualità e ci porta in un brano dove si viaggia per le vie di Roma: un eterno peregrinare verso una storia che ha lasciato evidenti segni. Ermal apre il cuore e sorvola su ogni ferita. Chapeau.
“Caro Antonello”, è un brano elettronico dedicato ad Antonello Venditti. Una lettera aperta e struggente che Ermal fa ad uno dei suoi artisti preferiti. Attraverso questa dedica si va indietro nel tempo, quando una canzone di Venditti colorava un’età diversa. C’è tanta nostalgia in questo brano bellissimo che colpisce al cuore, e lo fa grazie ad un testo originale e che si presta a diverse interpretazioni; un tributo ad uno degli autori più influenti della musica italiana. Diventerà un classico. Già la amo da impazzire.
“Il vento della vita”, riporta a melodie più familiari. Tappeto soft di chitarre e pianoforte; Ermal canta le avversità del tempo, mentre la musica si apre nella seconda parte. Il nostro canta gli ultimi, quelli che non hanno la strada spianata, quelli che si perdono ma poi si ritrovano e ripartono… senza una meta definita. Brano fortissimo e pieno di tanti significati. Ci siamo!!!
“Amore alcolico”, è invece un brano che parla della voglia di un amore folle, passionale, di stomaco… alcolico. Perché nella vita tante cose fan male, ma nessuno ti dirà di non innamorarti in quanto questo potrebbe farti soffrire. E come dice Ermal: “Il tempo è solamente una bugia, io non so te, ma lo inganno sempre con la nostalgia”. Altro brano da incorniciare, da ascoltare con occhi chiusi lasciandosi trasportare.
È il momento migliore dell’album. “Quello che ci resta”, è un altro brano da 90. Sì, l’altra ballata capolavoro. È un Ermal sognante, con una carezza per ogni errore. Uno sguardo volto al passato e un altro al futuro con la speranza riposta sempre nell’amore. La musica accarezza ogni strofa, in modo elegante, raffinato con archi ad accompagnare il tutto. Questo è un brano che rimarrà nel tempo. Perla inestimabile.
“Molto bene, molto male”, è un pop elettronico che sembra richiamare un po’ le tematiche della canzone precedente. Qui però il risultato non è ai livelli di “Quello che ci resta”; nonostante questo è un brano che rimane in piedi anche grazie ad un testo mai banale, sempre con un suo perché. Qui forse c’è troppa invadenza dell’elettronica.
“Mi salvi chi può”, chiude l’album. Questa è una canzone che soprenderà con il passare del tempo. Al primo ascolto qualcuno storcerà il naso sulla voce filtrata di Ermal. Ma tutto ha una sua logica. Il brano infatti si spacca in due, un po’ per dare l’effetto di due realtà parallele, un po’ per portare l’ascoltatore in un viaggio musicale unico. Sembrano due canzoni in una. È un esperimento pop che è una degna chiusura di un lavoro discografico da sogno, forse uno dei migliori di sempre.
C’è tanta varietà stilistica oltre che una maturazione ormai a livelli d’ispirazione spaventosa. Ogni traccia non cade mai giù per testi, essi sono sempre con un’anima ben precisa tanto da sembrare a volte un vero e proprio concept album: resistere e affidarsi all’amore.
Le musiche a volte si colorano di un’elettronica a tratti un po’ eccessiva ma sui brani più lenti ci sono solo capolavori che rimarranno nel tempo.
Grazie Ermal! Questo è l’album della grandezza!!